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Cantoniere di comunità: manutenzione non solo di luoghi ma anche di sé

Autore: Anna Di Nardo
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Pubblichiamo gli articoli di studenti e studentesse nell’ambito delle prove al modulo sull’Economia sociale del Master Sociocom  in Comunicazione dell’Università di Roma Tor Vergata: qui l’articolo di Anna Di Nardo

 

“Cantoniere”, una parola ormai entrata in disuso, che però subito richiama alla mente l’immagine delle case cantoniere sparse su tutto il territorio nazionale, nate nei primi anni del 1800 per Regio Decreto del Re di Sardegna Carlo Felice, per ospitare i lavoratori che si occupavano della cura e della manutenzione dei cantoni, tratti di strada di qualche chilometro. Ma cosa succede oggi se si unisce la parola cantoniere a “comunità”?

Per capirlo, ne abbiamo incontrato uno: si chiama Davide, ha fatto il cantoniere di comunità per sei mesi tra giugno e dicembre 2021, proprio quando il progetto è nato grazie a una forte volontà del Comune di Lecco e al servizio socio-occupazionale CeSeA, che gestisce le attività insieme alla cooperativa sociale di tipo B Il Grigio. Elettricista e capocantiere in una grossa ditta del territorio, Davide perde il lavoro intorno ai quarant’anni e negli anni successivi non riesce a trovare nulla di stabile, entrando e uscendo a intermittenza dal mercato del lavoro. È un momento di forte crisi, dovuto anche a lutti famigliari importanti e fragilità personali: “Mi sono proprio lasciato andare, non vedevo un futuro, trovavo conforto e vicinanza solo nei miei due cani, finché non è arrivata la proposta dall’Assistente Sociale per questo lavoro”. La sua casa è stata per lungo tempo una roulotte, ma ora è in procinto di trasferirsi in un appartamento a canone concordato, anche grazie al nuovo contratto di lavoro che ha sottoscritto dopo l’esperienza da cantoniere. Ha un grande sorriso e ci tiene subito a dirci che gli manca stare sulle strade, tra i cittadini, perché è proprio grazie allo sguardo dell’altro che è riuscito a rivedersi capace, utile e responsabile: “Il fatto che tutti mi vedessero a sistemare panchine o ringhiere, a strappare erbacce o pitturare i cortili delle scuole e che potessero anche segnalarmi cose da sistemare perché ero un punto di riferimento, mi ha permesso di dimostrare a tutti che posso fare e fare bene, che non sono solo parole e parole.”

Oltre a questo nuovo sguardo che l’ha fatto risentire un “lavoratore non più solo”, Davide ha acquisito anche qualche nuova competenza tecnica: non aveva mai verniciato nulla, mentre invece come cantoniere è stata una delle attività più frequenti: “Sono partito davvero da zero, ma dopo un po’ il caposquadra mi chiamava Picasso! È una cosa semplice, che prima non ero capace di fare, ora sì. Una cosa in più da inserire nel curriculum.”

Le squadre di lavoro, che hanno coinvolto da inizio progetto ad oggi 11 uomini impiegati in tutti i rioni della città nell’arco della settimana lavorativa, alcuni a part time e altri a full time, hanno svolto nel 2021 più di 60 interventi in sei mesi scarsi di attività, lavorando anche all’interno di strutture come scuole, asili e cimiteri, riqualificando arredi urbani e sanificando i parchi giochi. “Quando ho letto la relazione di tutto quello che eravamo riusciti a fare, non ci credevo. Non pensavo all’inizio che potessimo fare tanto. Ma quando ci si dà da fare i risultati si raggiungono”. Ma non è solo la quantità del lavoro svolto a colpire Davide, bensì il numero di persone con cui è tornato a rapportarsi, dopo un lungo periodo di solitudine, riscoprendo quel senso di comunità che appunto si aggiunge all’essere semplice cantoniere: “Una delle cose che mi è piaciuta di più e a cui ripenso spesso, è quando abbiamo lavorato in una scuola, dove c’era un gruppo di bambini disabili. Stare con loro, fare assieme qualcosa di bello, pitturare e sporcarci, mi ha fatto sentire come tanto tempo fa, mi piaceva stare in mezzo alle persone e aiutare chi ha difficoltà. Ma anche nei parchi e per le strade è capitato spesso che qualcuno si fermasse ad aiutarci o anche semplicemente a parlare.”

Quando gli chiediamo cosa vede nel futuro Davide ci dice: “Vediamo se sarò ancora rinnovato nell’azienda dove lavoro ora e se riuscirò a trasferirmi, ma sembra proprio di sì! Sicuramente questo progetto mi ha dato la spinta per uscire dal brutto momento che stavo vivendo, dimostrare che sono valido e ricostruire anche i rapporti con la mia famiglia, che mi ha visto di nuovo all’opera e che ora posso aiutare a mia volta”.