Skip to content

A Velletri il Dopolavoro ferroviario trasformato in uno spazio sociale di comunità

Autore: Andrea Oleandri
Condividi
Facebook
Twitter
LinkedIn
Email
WhatsApp
Telegram

Pubblichiamo gli articoli di studenti e studentesse nell’ambito delle prove al modulo sull’Economia sociale del Master Sociocom  in Comunicazione dell’Università di Roma Tor Vergata: qui l’articolo di Andrea Oleandri

 

Arrivando a Velletri in treno da Roma, alla stazione ci si imbatte nel Dopolavoro ferroviario. Molte stazioni ne hanno uno ma, in molti casi, queste strutture versano in condizioni di abbandono. Quelle in cui si trovava anche quello di Velletri fino al 2015, quando hanno deciso di prenderlo alcune ragazze e ragazzi cresciuti nella città,
trasformandolo completamente e rendendolo un luogo di aggregazione, di cultura, di circolazione di idee, di sport, di creazione di comunità e anche un esempio positivo di economia sociale.

Velletri si trova in provincia di Roma, sui Castelli Romani. Un territorio di grande storia ma che, nel tempo, come molti altri luoghi, ha subito un impoverimento del tessuto sociale e culturale. In questo contesto, circa 10 anni fa, un gruppo di giovani attivi inizialmente in un’associazione studentesca e poi, dopo il liceo, fondando un’associazione culturale, aveva iniziato a portare avanti dei progetti di riqualificazione sociale di alcuni spazi cittadini: uno skatepark, un parco.

Fino al 2015, quando si è creata l’opportunità di prendere e gestire il Dopolavoro ferroviario, ormai chiuso da oltre 5 anni. Inizialmente, solo per l’estate. Quando sono entrati nello stabile le condizioni erano pessime e mancavano persino gli infissi alle finestre. Anche se il circolo locale del Dopolavoro gli ha dato una grande mano, pagando le utenze e concedendo per i primi mesi lo spazio in maniera gratuita, i soldi erano pochi, frutto di un raccolta fondi spontanea, investiti per lo più per creare tavolini e sedie. L’unica cosa che c’era era il bancone del bar.
Da qui sono partiti per creare tutto quello che c’è oggi.

Fin da subito il DLF è diventato uno spazio sociale aperto e libero, in cui si guardava alla socialità e all’aggregazione attraverso la promozione di eventi culturali, principalmente musicali. Con il passare degli anni è cresciuto l’impegno e sono cresciute le attività. Dei 12 volontari (tutti studenti e un lavoratore) che erano partiti,
oggi il direttivo dell’associazione che lo gestisce conta 20 persone, più tutte quelle che ruotano attorno e contribuiscono attivamente a quanto viene fatto. Alcune di queste persone ora lavorano a tutti gli effetti e attraverso questo spazio si produce quello che viene definito un autoreddito. I locali sono stati ristrutturati ed è stata
creata anche una cucina, una biblioteca e una sala lettura dove si presentano libri e si tengono iniziative per i bambini. Un lavoro enorme che è sconfinato anche nel capannone accanto, dove in passato c’era una vecchia bocciofila abbandonata da tempo, trasformata in una palestra popolare dove si praticano, a prezzi sociali, il
pugilato, il powerlifting, lo yoga, il funzionale. Proprio la palestra è diventata un luogo di integrazione, che coinvolge anche molti ragazzi di seconda generazione.

Integrazione che forse è una delle parole più importanti per raccontare il Dopolavoro ferroviario. Integrazione tra culture, ma anche tra diverse generazioni. A frequentare questo spazio sono infatti ragazzi, ma anche bambini con i loro genitori e gli anziani. Integrazione con il territorio. In cucina si scelgono prodotti a km 0 delle tante
aziende agricole della zona e il DLF è diventato polo della via Francigena del Sud, che per Velletri passa.

Un esempio straordinario di come attraverso iniziative sociali si possano ricreare tessuti comunitari, ma anche economici.